La Cassazione Sezione Civile con l’Ordinanza protocollo 20390/14 ha chiarito che, ai fini dell’insinuazione al passivo di un fallimento, al credito vantato da un’impresa artigiana, definita ai sensi delle disposizioni legislative vigenti, si può riconoscere o meno il privilegio in funzione delle caratteristiche oggettive di svolgimento dell’attività di impresa e al tipo di organizzazione che fa capo all’obbligato e non della natura dell’oggetto e del contenuto della prestazione.
Il tribunale aveva escluso il privilegio ritenendo che il contratto sottostante al rapporto tra il debitore e l’impresa artigiana fosse un appalto d’opera, di per se incompatibile con la qualifica di imprenditore artigiano.
La Cassazione interviene sostenendo che nel valutare l’attribuzione del privilegio ex art 2751 bis del c.c. non ci si può fermare all’interpretazione del nome del contratto e alle sue caratteristiche giuridiche, dovendo, invece, scendere nell’esame del tipo di impresa e valutando se l’artigiano opera prevalentemente grazie al suo lavoro.
La Suprema Corte ricorda che il contratto attraverso il quale l’imprenditore si è obbligato, verso un corrispettivo e senza vincoli di subordinazione, al compimento di un’opera o di un servizio può essere qualificato, sia come appalto che come contratto d’opera.
Secondo l’art 1655 del c.c. “l’appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro”; mentre secondo l’art. 2222 del c.c. “se una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente” il negozio giuridico è qualificato come un contratto d’opera.
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