La crisi di impresa motivi ed effetti.

Crisi di impresa aspetti economici e finanziari.
La crisi di impresa può essere ricondotta, generalmente, a situazioni e cause varie, spesso collegate tra loro e che affondano le radici nel tempo.
Si può parlare di crisi finanziaria e crisi economica. E’ raro assistere a casi di crisi finanziaria che non sono stati originati da dissesti economici; la crisi di redditività si trasmette al circuito finanziario in vari modi crea illiquidità prima e dissesto patrimoniale e insolvenza, poi.
Vista la molteplicità delle cause, per la crisi di impresa esistono diverse cure.
Uno degli aspetti di maggiore importanza è il fattore tempo. Esitare nell’esame puntuale della situazione aziendale trascurando i primi segnali di crisi, è un grave errore ed è quasi sempre fatale.
Ogni impresa dovrebbe monitorare attentamente il proprio modello di business, verificare il posizionamento dei propri prodotti, lo stato dei mercati di sbocco, interpretare l’andamento economico dei competitor, valutare la situazione macroeconomica generale, studiare le innovazioni tecnologiche che il settore potrebbe recepire sia in termini di prodotto che di processo.
Come anticipato la crisi economica è sempre riconducibile ad una molteplicità di fattori, tra cui si possono elencare:
1)      Il prodotto o il servizio offerto è in fase di declino;
2)      L’innovazione tecnologica ha portato all’introduzione di prodotti non replicabili e che creano vantaggi competitivi a favore delle aziende concorrenti;
3)      Modifiche legislative introducono rigidità nella fase di produzione o distribuzione dei prodotti e servizi, oppure creano situazioni oligopolistiche che spazzano dal mercato le piccole imprese;
4)      I  mercati di sbocco sono maturi o la concorrenza è elevata e determina la contrazione dei margini e dei volumi;
5)      La tecnologia richiede investimenti consistenti per innovare e migliorare il prodotto o rendere meno inquinante i processi produttivi;
6)      Aumento del costo delle materie prime che non può essere spostato sul prezzo dei prodotti e che genera contrazione della profittabilità.
Altre situazioni imprevedibili ed endogene possono determinare la crisi di impresa; quali il fallimento del principale cliente, errati investimenti in capitale fisso, operazioni di concentrazione che non hanno generato le opportune economie di scala, aumento degli oneri finanziari per un uso errato della leva finanziaria, peggioramento della leva operativa per effetto della crescita dei costi fissi.
La crisi produce molti effetti negativi per l’impresa, soprattutto in termini di liquidità e di integrità patrimoniale.
Solitamente in una prima fase assistiamo ad un peggioramento dei risultati economici, la riduzione degli utili o il conseguimento di perdite d’esercizio è accompagnata dalla riduzione dei flussi finanziari. Il peggioramento del cash flow pregiudica parzialmente la capacità di rimborsare i debiti e fa aumentare gli oneri finanziari.
Le perdite di esercizio intaccano, invece,  il patrimonio netto, costringendo gli azionisti o i soci a finanziare la società.
La contrazione dei mezzi liquidi può essere gestita solo se momentanea e se controbilanciata dall’apporto di mezzi da parte dei soci o di nuovi investitori o finanziatori. Una crisi di liquidità duratura può pregiudicare la possibilità dell’impresa di assolvere tempestivamente alle proprie obbligazioni, determinando situazioni di crisi e tensione con gli istituti di credito, innescando scelte strategiche errate, quali la vendita di assets o l’applicazione di sconti per favorire il circuito degli incassi, che contrarranno ancor di più la redditività, aggravando la situazione generale e avvitando l’impresa verso un inevitabile declino.
In periodi congiunturali di contrazione della domanda e di deleveraging, come quello che stiamo vivendo, è naturale assistere ad una contrazione dei volumi di vendita, che sovente è accompagnata dal rallentamento degli incassi e dall’aumento delle perdite su crediti; fenomeni simili se non attentamente monitorati e contrastati con opportune politiche gestionali, quali dilazioni di pagamento richieste a fornitori e banche, controllo dei margini di vendita, tempestività nelle azioni di recupero e assicurazioni sui crediti, conducono l’impresa all’illiquidità e nel breve tempo all’insolvenza.
In situazioni simili è cura del management intervenire prontamente e redigere un piano di risanamento che, partendo dall’analisi del contesto esterno e dei punti di forza e debolezza del modello di business e dei singoli prodotti o aree strategiche, valutato il posizionamento dell’impresa e dei prodotti e le linee di tendenza del mercato e la sua attrattività, individui le azioni necessarie a risollevarne le sorti o addivenga ad un processo liquidatorio o all’adozione di procedure concorsuali.
La scelta migliore non sempre è accanirsi nella gestione del business, anzi. Può essere strategico tagliare i prodotti o le aree non redditizie che presentano redditi operativi e cash flow negativi, disinvestendo parzialmente o totalmente.
In genere, la crisi aziendale è superabile quando il modello economico non è in crisi, cioè la redditività non è compromessa e il mercato attuale e il suo andamento previsionale fanno ben sperare; in questi casi una eventuale e temporanea crisi finanziaria con riduzione del cash flow può essere gestita e superata.
Anche una crisi economica da contrazione dei volumi di vendita può essere gestita, a patto che la struttura dei costi fissi possa essere ancora coperta e remunerata nonostante l’abbassamento in termini di valore dello stock di margine lordo.
La crisi economica da abbassamento dei margini di vendita è più difficile da gestire, perché per essere contrastata spesso richiede l’aumento dei volumi di vendita ( cosa non sempre  possibile ) che a sua volta, però, determina l’aumento dei costi variabili e fissi.

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