giovedì 6 ottobre 2016

Le B-Corp italiane: le Società Benefit


Con la Legge di Stabilità (in vigore dal 1° gennaio scorso) è stata introdotta nel nostro ordinamento la figura della c.d. Società Benefit – SB.
Tale figura prende forma dal modello statunitense delle benefit corporation (cd. B-Corp) e l’Italia è l’unico Paese europeo ad aver disciplinato tale fenomeno. Le SB, pur essendo for-profit, intendono coniugare l’obiettivo del profitto con un impatto positivo con il contesto in cui operano. Si tratta, infatti, di società che perseguono lo scopo di lucro utilizzando il profitto come mezzo per creare un beneficio che si ripercuote anche su altre categorie di soggetti, garantendo allo stesso tempo all’impresa una maggiore redditività. In sostanza, lo scopo è quello di produrre benessere nell’ambiente in cui la società opera e, quindi, di misurare i risultati dell’impresa (e dei suoi amministratori) non solo sotto il profilo economico e finanziario, ma anche sotto quello del raggiungimento degli obiettivi di qualità che la B-Corp ha dichiarato prioritari.
Ma come si diventa società benefit? Dal punto di vista formale la legge non ha creato un nuovo tipo societario, potendo la società benefit assumere la veste giuridica di una qualsiasi società prevista dal codice civile, come società di persone, società di capitali o cooperative, ma ha delineato un quadro normativo in cui la duplice finalità del profitto e del beneficio comune si declina nell’oggetto sociale, nella governance dell’impresa e nell’enforcement. Dal punto di vista sostanziale si tratta di società che, ovviamente, perseguono lo scopo di lucro utilizzando il profitto come mezzo per creare un beneficio, ma si parla però di un beneficio che si ripercuote anche su altre categorie di soggetti, quali lavoratori, clienti, fornitori, creditori, finanziatori, pubblica amministrazione e società civile, garantendo allo stesso tempo all’impresa una maggiore redditività e anche la possibilità, aggiungendo alla propria denominazione l’appellativo “benefit”, di rendere noto al mercato, con un’informazione legalmente riconosciuta, che la sociètà stessa persegue finalità non solo dettate dal proprio egoistico profitto, ma anche di natura altruistica. La legge stabilisce poi che la società benefit deve indicare nell’ambito del proprio oggetto sociale le finalità specifiche di beneficio comune che intende perseguire. Tale disposizione è volta a consentire espressamente alla società di attribuire stabilità e certezza a un progetto imprenditoriale in cui la massimizzazione del profitto non costituisce l’unico obiettivo dell’attività aziendale. Accanto alla previsione dell’indicazione nell’atto costitutivo delle finalità di beneficio comune che la società intende perseguire, la legge si preoccupa di individuare gli specifici obblighi in cui incorrono gli amministratori della società benefit e le relative responsabilità. A livello pubblicitario, inoltre, deve essere annualmente predisposta, in occasione del bilancio d’esercizio, una relazione concernente il perseguimento del beneficio comune, dalla quale emergano :
• La descrizione degli obiettivi specifici;
• Le modalità attuative;
• Le azioni realmente intraprese;
• La valutazione dell’impatto generato;
• La descrizione degli obiettivi futuri.
Inoltre, la società benefit, fermo restando quanto previsto dal codice civile, deve individuare il soggetto o i soggetti responsabili cui affidare funzioni e compiti volti al perseguimento delle finalità di beneficio comune. L’organo sul quale grava l’obbligo di individuazione del soggetto o dei soggetti responsabili è l’organo amministrativo della società. La legge delinea, infine, il quadro dei controlli delle società benefit prevedendo un’autovalutazione della società sull’impatto generato dalla propria attività sugli interessi dei diversi soggetti e attribuendo all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato poteri sanzionatori nei confronti delle società che non perseguono le finalità di beneficio comune. E’ opportuno sottolineare, inoltre, che la disciplina non dispone, per queste società, alcun particolare vantaggio come benefici fiscali, sgravi contributivi, agevolazioni finanziarie o deroghe all’ordinaria disciplina del diritto societario.
Da un punto di vista pìù generale, infine, notiamo come le SB prendono forma in un contesto caratterizzato da un ampio dibattito, a livello comunitario e internazionale, su come affermare una nuova concezione di business, in cui il progresso sociale sia integrato nel processo di sviluppo economico delle imprese. Questo dibattito muove dall’intuizione per cui temperare la logica del profitto, bilanciando l’interesse dei soci con quello degli altri stakeholders, non costituisce un vincolo per le imprese, ma un’opportunità di differenziazione e crescita. L‘attenzione posta dai governi sulla necessità di strategie integrate per affrontare le sfide imposte dalla crisi, dai cambiamenti climatici e demografici, dall’impoverimento delle risorse naturali ha accresciuto la consapevolezza per cui l’uso responsabile delle risorse umane e naturali necessarie al processo produttivo e la capacità di soddisfare anche istanze sociali costituiscono un imperativo al quale l’impresa che intenda rimanere competitiva sul mercato non può sottrarsi. Con le misure introdotte dalla legge di Stabilità per il 2016, l’Italia rappresenta il primo Stato europeo ad aver riconosciuto uno status giuridico proprio per le società che utilizzano il profitto anche come strumento per la creazione di valore sociale e, per queste ragioni, l’ingresso delle Società Benefit nel nostro ordinamento rappresenta una vera e propria rivoluzione economica.

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