Al fine di promuovere la crescita sostenibile, lo sviluppo tecnologico e l’occupazione, in particolare giovanile, dal 2012 il Governo è impegnato nella messa in opera di una normativa organica volta a favorire la nascita e la crescita dimensionale di nuove imprese innovative ad alto valore tecnologico. Pietra miliare di questa iniziativa è il Decreto Legge 179/2012, noto anche come “Decreto Crescita 2.0”, convertito dal Parlamento con Legge del 18 dicembre 2012 n. 221. Tale norma si riferisce alle startup innovative e come sappiamo una startup nasce sempre da un’idea, da una serie di processi che si susseguono e mutuano dal comune denominatore dell’idea di base. L’idea diventa progetto quando:
• se ne comprende la possibilità di utilizzo pratico, reale ed economico (s’individua, in sostanza, la necessità di un bene o un servizio e l’idea si concreta in un’offerta chiara);
• se ne traccia un mercato potenziale e un target specifico (più o meno ampio, più o meno complesso da raggiungere, ma sempre necessario);
• si individua il più classico e semplice dei revenue model (il momento in cui e la ragione per cui il denaro transa dal cliente al fornitore, nel minor tempo possibile, poiché il tempo è denaro);
• si comprende che i ricavi attesi sono maggiori dei costi necessari a generare quegli stessi ricavi (marginalità industriale ed operativa positiva, formula della sostenibilità, economicità e profittabilità);
• si concilia tutto ciò con l’ambiente normativo circostante (per esempio, fiscale, amministrativo, previdenziale e tributario), cercando di non tralasciare gli ormai imprescindibili requisiti etici e/o ambientali (per esempio, bio, solidale, green, high tech…).
Sembra facile a dirsi, ma è molto difficile a farsi. Da un punto di vista più tecnico e specifico, infatti, la normativa si riferisce esplicitamente alle startup innovative per evidenziare che il target non include qualsiasi impresa di nuova costituzione ma soltanto quelle che operano nel campo dell’innovazione tecnologica. Alle misure agevolative possono accedere le società di capitali le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione, e che sono in possesso dei seguenti requisiti:
• sono nuove o comunque costituite da meno di 5 anni;
• hanno sede principale in Italia, o in altro Paese membro dell’Unione Europea o in Stati aderenti all’accordo sullo spazio economico europeo, purché abbiano una sede produttiva o una filiale in Italia;
• presentano un fatturato annuo inferiore a 5 milioni di euro;
• non distribuiscono e non hanno distribuito utili;
• hanno come oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico;
• non sono costituite da fusioni, scissioni societarie o a seguito di cessione d’azienda o di ramo di azienda;
• infine, il contenuto innovativo dell’impresa è identificato con il possesso di almeno uno dei seguenti tre criteri:
1. almeno il 15% del maggiore tra fatturato e costi annui è ascrivibile ad attività di ricerca e sviluppo;
2. la forza lavoro complessiva è costituita per almeno 1/3 da dottorandi, dottori di ricerca o ricercatori, oppure per almeno 2/3 da soci o collaboratori a qualsiasi titolo in possesso di laurea magistrale;
3. l’impresa è titolare, depositaria o licenziataria di un brevetto registrato oppure titolare di un programma per elaboratore originario registrato.
Il Ministero dello Sviluppo Economico, inoltre, per sostenere lo sviluppo delle startup innovative introduce delle misure di agevolazione applicabili per 5 anni dalla loro data di costituzione:
• potranno redigere l’atto costitutivo e le sue successive modifiche anche mediante un modello standard tipizzato facendo ricorso alla firma digitale;
• non dovranno pagare il diritto annuale dovuto in favore delle Camere di Commercio, nonché i diritti di segreteria e l’imposta di bollo;
• per quelle costituite in forma di s.r.l. è consentito creare categorie di quote dotate di particolari diritti, emettere strumenti finanziari partecipativi o offrire al pubblico quote di capitale comportando così deroghe fondamentali alla disciplina societaria ordinaria avvicinandole a quella della s.p.a.;
• in caso di riduzione del capitale sociale di oltre un terzo, il termine per il risanamento viene posticipato al secondo esercizio successivo;
• esonero dell’obbligo di opposizione del visto di conformità per compensazione dei crediti IVA;
• disciplina del lavoro tagliata su misura in quanto hanno la possibilità di assumere personale con contratti a tempo determinato della durata massima di trentasei mesi con opzione di rinnovo per altri 12;
• facoltà di remunerare il personale in modo flessibile soprattutto perché possono essere retribuiti anche attraverso strumenti di partecipazione al capitale sociale (come lo stock option), e i fornitori di servizi esterni attraverso schemi di work for equity;
• introduzione di incentivi fiscali per investimenti provenienti da persone fisiche (detrazione Irpef del 19% dell’investimento fino a un massimo investito pari a 500mila euro) e giuridiche (deduzione dell’imponibile Ires del 20% dell’investimento fino a un massimo investito pari a 1,8 milioni di euro);
• fail-fast, ovvero introduzione di procedure volte a rendere più rapido e meno gravoso il processo che si mette in moto nel caso in cui la startup non decolli, annoverandole, quindi, tra i soggetti non fallibili. Tale intervento disciplina il fenomeno della crisi aziendale, tenendo conto dell’elevato rischio economico assunto da chi decide di fare impresa investendo in attività ad alto livello d’innovazione. La scelta è quella di sottrarre le startup alle procedure concorsuali vigenti, prevedendo il loro assoggettamento, in via esclusiva, alla disciplina della gestione della crisi da sovra-indebitamento, applicabile ai soggetti non fallibili che non prevede la perdita di capacità dell’imprenditore ma la mera segregazione del patrimonio destinato alla soddisfazione dei creditori. Per facilitarne l’avvio si prevede che, una volta decorsi dodici mesi dall’iscrizione nel Registro delle imprese del decreto di apertura della procedura liquidatoria, i dati relativi ai relativi soci non siano più accessibili al pubblico ma esclusivamente all’autorità giudiziaria e alle autorità di vigilanza.
Nel nostro Paese, il numero di startup innovative continua a crescere a ritmi sostenuti e a oggi risultano iscritte, a livello nazionale, ben 6.235 imprese (+21,2% rispetto a fine 2015). Si tratta di giovani imprese che nell’ultimo anno hanno impiegato prevalentemente fino a quattro addetti (78,5%), operano nei "servizi’ (75,4%) e hanno un valore della produzione che per il 65,4% non supera i 100 mila euro. A livello di governance, il 13,2% ha una compagine societaria a prevalenza femminile mentre le startup coordinate in maggioranza dai giovani (under 35) rappresentano ben il 21,6% del totale, ciò a dimostrazione del fatto che le giovani imprese, in un momento di staticità dell’economia a livello generale, rappresentano una grande risorsa per dare nuovo impulso al mercato e accelerarne il cambiamento.
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