Con l’ampliamento della platea dei contribuenti soggetti al meccanismo dello split payment previsto dal Dl 50/2017, la gestione del credito iva diventa sempre più problematica sia sul piano finanziario che sul piano economico. Tale meccanismo, in effetti, prevede che il fornitore di un contribuente soggetto a split deve fatturare al cliente le proprie operazioni evidenziando l’Iva in fattura, ma l’imposta non verrà né versata né liquidata; il cliente a sua volta scinderà il pagamento della fattura regolando al fornitore il solo imponibile e versando all’erario la relativa imposta. Il meccanismo, quindi, incide sul piano finanziario del fornitore perche gli richiede di anticipare l’imposta al suo fornitore senza, però, riottenere direttamente la provvista dal proprio cliente e nella maggior parte dei casi, il fornitore si ritroverà a credito e quindi, per riottenere le somme anticipate, dovrà chiederne il rimborso o le potrà utilizzare in compensazione ma nei limiti imposti dalla legge. Queste due soluzioni, però, per motivi tecnici e per vincoli di legge, non consentono mai un recupero immediato di tali somme ed è proprio partendo da questa situazione che si manifestano degli effetti economici di non poco conto per il fornitore. Quest’ultimo, infatti, per anticipare il pagamento dell’Iva dovrà chiedere un finanziamento al sistema creditizio, che potrebbe chiedere, a sua volta, maggiori interessi in quanto il finanziamento non è più collegato con un credito immediato. Questo meccanismo, in sostanza, introdotto, e che a breve sarà esteso ad una platea sempre più ampia di soggetti, se da un lato nasce per combattere l’evasione, creando quindi delle entrate sempre più cospicue per l’Erario, dall’altro lato, invece, amplierà per gli operatori le criticità connesse alla gestione del credito. Questa situazione nella sua nuova estensione mette sempre più in crisi il principio di neutralità dell’imposta previsto dalla direttiva Iva (2006/112/Ce). Inoltre, l'ampliamento dei soggetti che rientreranno nell'ambito operativo dello split payment, previsto dal DL, a partire dalle fatture emesse dal 1° luglio prossimo, impone non indifferenti oneri di adeguamento dei sistemi contabili, ma non essendo allo stato attuale chiaramente identificabili i soggetti interessati non è neanche semplice procedere a questo adeguamento entro la scadenza prevista. Secondo Assonime, è pertanto necessario che l’Amministrazione finanziaria pubblichi un elenco ufficiale di tali soggetti e che l’entrata in vigore di tale misura sia differita di almeno tre mesi e comunque non prima di tre mesi dalla pubblicazione del decreto ministeriale di attuazione. Lo split payment, che attualmente riguarda, sotto il profilo soggettivo, un numero ristretto di enti pubblici e, per converso, un limitato numero di soggetti IVA fornitori degli stessi, con la nuova Manovra correttiva si applicherà alle operazioni effettuate nei confronti di tutti gli enti e soggetti pubblici inclusi nel Conto economico consolidato della Pubblica amministrazione, di cui all’art.1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (legge di contabilità pubblica), elaborato dall’ISTAT. Si allarga così in maniera esponenziale il numero dei soggetti “pubblici” nei confronti dei quali un altrettanto esponenziale numero di imprese fornitrici di beni o servizi devono applicare l’IVA con il sistema della scissione dei pagamenti. Viene previsto poi un ulteriore allargamento della platea dei soggetti coinvolti nel sistema dello split payment, comprendendovi anche soggetti non facenti parte della Pubblica Amministrazione, ma aventi comunque, al pari di questa, una “elevata affidabilità fiscale” e, in particolare:
a) le società controllate direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dai Ministeri;
b) le società controllate direttamente dalle regioni, dalle province, dalle città metropolitane, dai comuni e dalle unioni di comuni;
c) le società controllate, direttamente o indirettamente, dalle società indicate nelle lettere a) e b);
d) le società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana (con un decreto ministeriale può essere individuato anche un indice diverso).
Tuttavia, ciò che è certo è che le imprese dovranno frequentemente monitorare la natura dei loro clienti, oltre che, ovviamente, la propria, per verificare se, nella veste di committenti, possono ricevere fatture con rivalsa dell’Iva o se devono essi stessi provvedere a versare l’Iva all’Erario, non addebitata dal fornitore e, al contempo, se in veste di fornitore emettere fattura senza Iva. Per l’operatività delle imprese, questo sistema appare quanto mai gravoso, determinando un aumento rilevante dei costi amministrativi che appare in contrasto con il principio basilare dell’Iva secondo cui il sistema del tributo dovrebbe contenere quanto più possibile i costi relativi alla sua applicazione.
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