lunedì 22 maggio 2017

La solidarietà tributaria nelle operazioni di scissione

Il comma 12 dell’art. 173 del TUIR (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917) prevede che “gli obblighi tributari della società scissa riferibili a periodi di imposta anteriori alla data dalla quale l’operazione ha effetto sono adempiuti in caso di scissione parziale dalla stessa società scissa o trasferiti, in caso di scissione totale, alla società beneficiaria appositamente designata nell’atto di scissione”. Il successivo comma 13, dopo aver precisato, tra l’altro, che “i controlli, gli accertamenti e ogni altro procedimento relativo ai suddetti obblighi sono svolti nei confronti della società scissa o, nel caso di scissione totale, di quella appositamente designata”, dispone che “le altre società beneficiarie sono responsabili in solido per le imposte, le sanzioni pecuniarie, gli interessi e ogni altro debito e anche nei loro confronti possono essere adottati i provvedimenti cautelari previsti dalla legge. Le società coobbligate hanno facoltà di partecipare ai suddetti procedimenti e di prendere cognizione dei relativi atti, senza oneri di avvisi o di altri adempimenti per l’Amministrazione”.
In merito all’interpretazione delle disposizioni in esame la Suprema Corte ha espresso nel corso del tempo, però, il consolidato orientamento interpretativo in base al quale “in una fattispecie di operazione di scissione parziale, per i debiti fiscali della scissa relativi a periodi d’imposta anteriori l’operazione, rispondono, ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 173, comma 13, solidalmente e illimitatamente tutte le società partecipanti la scissione, come del resto conferma dal lato della interpretazione sistematica il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, che con riguardo alle somme da pagarsi in conseguenza di violazioni fiscali commesse dalla scissa prevede la solidarietà illimitata di tutte le beneficiarie. E questo differentemente dalla disciplina della responsabilità delle partecipanti la scissione relativa alle obbligazioni civili, per la quale invece l’art. 2506 bis c.c., comma 2 e art. 2506 quater c.c., comma 3, prevedono precisi limiti”.
Ne consegue che, ai fini delle imposte sui redditi, ferma restando la responsabilità “in proprio” della scissa (in caso di scissione parziale) e della beneficiaria designata (per la scissione totale) per i debiti tributari sorti ante scissione, le altre società “beneficiare” – e, cioè, le società diverse dalle prime che hanno partecipato all’operazione di scissione – sono obbligate verso l’erario in solido ed illimitatamente, a prescindere dalle consistenze patrimoniali effettivamente ricevute in sede di scissione e, precisamente, da quanto disposto dal codice civile, che prevede precisi limiti alla responsabilità solidale delle società partecipanti alla scissione, circoscrivendola “al valore effettivo del patrimonio netto” assegnato o rimasto in capo a ciascuna società partecipante all’operazione.
E’ proprio partendo da questa sentenza, in seguito ad una cartella di pagamento notificata da Equitalia alla società beneficiaria di un’operazione di scissione, che la Ctr Campania ha nuovamente affermato che in caso di scissione societaria, considerata la responsabilità solidale e illimitata di tutte le società partecipanti alla scissione per i debiti tributari della società scissa riferiti a periodi d’imposta antecedenti alla data di efficacia della scissione, deve ritenersi legittima l’azione di riscossione diretta nei confronti di una delle società beneficiarie con la notifica della cartella di pagamento, anche quando l’avviso di accertamento presupposto sia stato notificato esclusivamente alla società scissa. Ricostruendo i fatti, la società beneficiaria impugnava la cartella per tre motivi:

• Responsabilità sussidiaria: l’ente di riscossione avrebbe dovuto escutere il proprio credito in via principale nei confronti della società scissa e solo nel caso di mancato pagamento di quest’ultima si sarebbe dovuto rivolgere alla beneficiaria;
• Il limite: la responsabilità della beneficiaria era limitata al valore del patrimonio netto assegnato in sede di scissione e per cui non si poteva fare riferimento ad una responsabilità di natura illimitata;
• Procedimento: la cartella non era stata preceduta da alcun atto con cui la beneficiaria veniva informata della pretesa vantata a carico della scissa.

Il ricorso della beneficiaria viene respinto in quanto la Corte afferma che in caso di scissione, ciascuna società partecipante è obbligata in solido per le somme dovute anteriormente a tale operazione in forza del principio dell’unitarietà dell’imposta e l’articolo 15 del Dlgs 472/97 che, pertanto, prevale, data la natura speciale della norma tributaria, sulle disposizioni del Codice Civile il quale, invece, limita la responsabilità all’entità del patrimonio netto trasferito in sede di scissione. La Corte, inoltre, ha chiarito che l’art. 173 del TUIR deve ritenersi norma di diritto tributario generale non limitata all’imposizione diretta e, quindi, una volta perfezionata la scissione, nessun ulteriore onere di comunicazione sussiste a carico dell’ufficio o di Equitalia. Infine, secondo la Suprema Corte, peraltro, il complessivo quadro normativo offerto dai commi 12 e 13 del citato art. 173 del TUIR sarebbe giustificato sotto un duplice profilo: da un lato, “gli organi delle società beneficiarie sono ben informati della precedente vita societaria” e, in via di principio, “a fronte di una oggettiva conoscibilità degli atti in base alla prosecuzione di vita societaria tra scissa e partecipanti”, dovrebbero essere ordinariamente edotti, usando la debita diligenza, dei procedimenti amministrativi che interessano la scissa. Dall’altro, sarebbe irrazionale imporre all’Amministrazione finanziaria degli aggravi procedimentali “in dipendenza di una trasformazione societaria che l’amministrazione stessa non potrebbe in alcun modo impedire o posporre”, tenendo anche conto che queste operazioni possono “essere realizzate in qualunque stadio dei procedimenti tributari, anche a fini di ostacolo dell’attività impositiva”.

giovedì 11 maggio 2017

Ampliamento Split Payment

Con l’ampliamento della platea dei contribuenti soggetti al meccanismo dello split payment previsto dal Dl 50/2017, la gestione del credito iva diventa sempre più problematica sia sul piano finanziario che sul piano economico. Tale meccanismo, in effetti, prevede che il fornitore di un contribuente soggetto a split deve fatturare al cliente le proprie operazioni evidenziando l’Iva in fattura, ma l’imposta non verrà né versata né liquidata; il cliente a sua volta scinderà il pagamento della fattura regolando al fornitore il solo imponibile e versando all’erario la relativa imposta. Il meccanismo, quindi, incide sul piano finanziario del fornitore perche gli richiede di anticipare l’imposta al suo fornitore senza, però, riottenere direttamente la provvista dal proprio cliente e nella maggior parte dei casi, il fornitore si ritroverà a credito e quindi, per riottenere le somme anticipate, dovrà chiederne il rimborso o le potrà utilizzare in compensazione ma nei limiti imposti dalla legge. Queste due soluzioni, però, per motivi tecnici e per vincoli di legge, non consentono mai un recupero immediato di tali somme ed è proprio partendo da questa situazione che si manifestano degli effetti economici di non poco conto per il fornitore. Quest’ultimo, infatti, per anticipare il pagamento dell’Iva dovrà chiedere un finanziamento al sistema creditizio, che potrebbe chiedere, a sua volta, maggiori interessi in quanto il finanziamento non è più collegato con un credito immediato. Questo meccanismo, in sostanza, introdotto, e che a breve sarà esteso ad una platea sempre più ampia di soggetti, se da un lato nasce per combattere l’evasione, creando quindi delle entrate sempre più cospicue per l’Erario, dall’altro lato, invece, amplierà per gli operatori le criticità connesse alla gestione del credito. Questa situazione nella sua nuova estensione mette sempre più in crisi il principio di neutralità dell’imposta previsto dalla direttiva Iva (2006/112/Ce). Inoltre, l'ampliamento dei soggetti che rientreranno nell'ambito operativo dello split payment, previsto dal DL, a partire dalle fatture emesse dal 1° luglio prossimo, impone non indifferenti oneri di adeguamento dei sistemi contabili, ma non essendo allo stato attuale chiaramente identificabili i soggetti interessati non è neanche semplice procedere a questo adeguamento entro la scadenza prevista. Secondo Assonime, è pertanto necessario che l’Amministrazione finanziaria pubblichi un elenco ufficiale di tali soggetti e che l’entrata in vigore di tale misura sia differita di almeno tre mesi e comunque non prima di tre mesi dalla pubblicazione del decreto ministeriale di attuazione. Lo split payment, che attualmente riguarda, sotto il profilo soggettivo, un numero ristretto di enti pubblici e, per converso, un limitato numero di soggetti IVA fornitori degli stessi, con la nuova Manovra correttiva si applicherà alle operazioni effettuate nei confronti di tutti gli enti e soggetti pubblici inclusi nel Conto economico consolidato della Pubblica amministrazione, di cui all’art.1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (legge di contabilità pubblica), elaborato dall’ISTAT. Si allarga così in maniera esponenziale il numero dei soggetti “pubblici” nei confronti dei quali un altrettanto esponenziale numero di imprese fornitrici di beni o servizi devono applicare l’IVA con il sistema della scissione dei pagamenti. Viene previsto poi un ulteriore allargamento della platea dei soggetti coinvolti nel sistema dello split payment, comprendendovi anche soggetti non facenti parte della Pubblica Amministrazione, ma aventi comunque, al pari di questa, una “elevata affidabilità fiscale” e, in particolare:
a) le società controllate direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dai Ministeri;
b) le società controllate direttamente dalle regioni, dalle province, dalle città metropolitane, dai comuni e dalle unioni di comuni;
c) le società controllate, direttamente o indirettamente, dalle società indicate nelle lettere a) e b);
d) le società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana (con un decreto ministeriale può essere individuato anche un indice diverso).
Tuttavia, ciò che è certo è che le imprese dovranno frequentemente monitorare la natura dei loro clienti, oltre che, ovviamente, la propria, per verificare se, nella veste di committenti, possono ricevere fatture con rivalsa dell’Iva o se devono essi stessi provvedere a versare l’Iva all’Erario, non addebitata dal fornitore e, al contempo, se in veste di fornitore emettere fattura senza Iva. Per l’operatività delle imprese, questo sistema appare quanto mai gravoso, determinando un aumento rilevante dei costi amministrativi che appare in contrasto con il principio basilare dell’Iva secondo cui il sistema del tributo dovrebbe contenere quanto più possibile i costi relativi alla sua applicazione.


martedì 2 maggio 2017

Il potere di gestione dei soci

In una società a responsabilità limitata dotata di consiglio di amministrazione, la decisione dei soci che deliberi su di un atto gestionale è sufficiente affinchè il rappresentante legale possa legittimamente compiere l’atto deliberato o è necessaria anche l’adozione di una delibera dell’organo amministrativo? La soluzione al quesito, spesso causa di forte incertezza, deve essere ricavata dall’esame e dal coordinamento della previsione dell’art. 2475 I comma c.c. che recita “salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, l'amministrazione della società è affidata a uno o più soci nominati con decisione dei soci presa ai sensi dell'articolo 2479” con quella dell’art. 2479 I comma c.c. che recita “i soci decidono sulle materie riservate alla loro competenza dall'atto costitutivo, nonché sugli argomenti che uno o più amministratori o tanti soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale sottopongono alla loro approvazione”. Il Consiglio Notarile di Firenze, a tal proposito, ha emanato un nuovo principio di comportamento che i notai devono osservare quando ricevono atti costitutivi di società o verbalizzano eventi assembleari. Il caso in considerazione riguarda le decisioni dei soci nella gestione della società. Secondo i notai fiorentini, quando la decisione è di natura gestionale, essi sono investiti in via esclusiva dalla questione e ciò “spoglia” l’organo amministrativo delle proprie competenze e autorità. Più in particolare, qualora i soci della Srl adottino una decisione sulla gestione, sia perché l’adozione di tale gestione sia voluta dai soci stessi, sia perché la competenza decisionale dei soci in materia derivi dallo statuto della società, allora:
• I soci possono delegare uno qualsiasi degli amministratori a dare attuazione alla loro decisione, la quale, soprattutto, non ha bisogno di una ulteriore deliberazione dell’organo amministrativo per essere approvata;
• Se, per dare attuazione alla decisione assunta dai soci, occorre operare in rappresentanza della società, ad agire deve essere un amministratore che per legge o per statuto, abbia la rappresentanza della società, ma, probabilmente, in tal caso i soci possono investire della rappresentanza della società uno qualsiasi degli amministratori.
E’ quindi possibile che la decisione dei soci deleghi un componente del consiglio di amministrazione che sia diverso dal rappresentante legale. E’ bene ricordare, comunque, che affinché vengano applicate tali deroghe, è necessario raggiungere nelle decisione dei soci il quorum di un terzo del capitale sociale oppure un’aliquota di capitale inferiore ad un terzo ma prevista in statuto. La naturale competenza gestoria dei soci e la assoluta flessibilità consentita circa la distribuzione dei poteri tra i vari soggetti in campo, fa ritenere autosufficiente il potere gestionale dei soci e, quindi, non sussistente alcun ulteriore potere deliberativo dell’organo amministrativo sull’argomento.
Con la società a responsabilità limitata il legislatore della riforma del 2003 ha costruito uno strumento estremamente duttile nel quale i soci sono posti al centro della scena quali veri arbitri delle sue sorti, ferma restando la possibilità di articolare le norme statutarie in maniera più rigida e corporativa sul modello della società per azioni. Il potere dei soci di decidere su qualsiasi materia riguardante la vita della società, ivi compresa la gestione della stessa è uno degli strumenti più forti che la riforma ha utilizzato per adeguarsi alla richiesta del legislatore delegante di esaltare la centralità dei soci, disallineando così la società a responsabilità limitata dalla società per azioni nella quale l’interferenza gestionale dei soci è fortemente limitata dalle previsioni di cui agli artt. 2364 n. 5 e 2380 bis comma I, c.c.. Come è stato acutamente notato la competenza generale dei soci è naturale e non richiede previsioni statutarie; ne consegue che i soci titolari della percentuale qualificata possono, “senza dover attendere l’iniziativa degli amministratori, e anche contro la diversa valutazione di questi ultimi, richiedere un pronunciamento su qualsiasi materia, anche gestoria, da parte dei soci medesimi”. Si assiste, pertanto, ad uno spostamento della competenza gestoria dall’organo amministrativo ai soci, che va a rompere la rigidità tipica della società per azioni, ove gli amministratori hanno una granitica esclusiva sull’azione gestoria, ma che, tuttavia, pone delicati problemi di coordinamento con la funzione dell’organo amministrativo e con la responsabilità dei suoi componenti. Lo spostamento, però, sui soci del potere gestorio per previsione statutaria o successivamente alla provocatio ad populum pone problemi di coordinamento con la funzione dell’organo amministrativo e con la responsabilità dei suoi componenti. In particolare sul tema della responsabilità la questione si fa delicata, posto che gli amministratori restano responsabili per gli atti compiuti in esecuzione delle decisioni dei soci su atti gestionali. Infine, qualora l’attuazione della decisione dei soci comporti che la Srl debba essere rappresentata verso i terzi, il potere di agire in nome e per conto della società spetta all’amministratore cui la legge o lo statuto attribuiscano la rappresentanza della società. Tuttavia, secondo questo nuovo orientamento, appare esservi spazio per ritenere che la decisione dei soci nell’ambito della gestione sociale possa individuare per la sua esecuzione anche un amministratore non già dotato, per legge o per statuto, di rappresentanza legale. L’esercizio di tale potere da parte dei soci potrebbe, infatti, legittimare l’attribuzione agli stessi dell’ulteriore prerogativa di individuare senza particolari limitazioni anche l’amministratore cui attribuire la rappresentanza della società per l’esecuzione delle decisioni dei soci stessi.