L’articolo 1 del D.L. 119/2018 prevede la possibilità di definire in modo agevolato i P.V.C. consegnati alla data del 24 ottobre 2018 e per i quali non è stato notificato un avviso di accertamento o non è stato ricevuto un invito al contraddittorio di cui all’articolo 5 comma 1 D.Lgs. 218/1997.
Il provvedimento numero 17776 dell’Agenzia delle Entrate del 23 gennaio 2019 ha chiarito che non è una causa ostativa il fatto di aver ricevuto dopo il 24 ottobre un avviso di accertamento e di averlo impugnato o di aver presentato istanza di accertamento con adesione; il pvc da cui deriva l’atto si potrà comunque definire. Non è altresì ostativo presentare memorie al pvc.
L’ambito oggettivo di applicazione riguarda le seguenti imposte:
. Imposte sui redditi e le relative addizionali;
. Contributi previdenziali e ritenute;
. Imposte sostitutive;
. IRAP;
. IVIE, Imposta sul valore degli immobili all’estero;
. IVAFE, Imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero;
. Imposta sul valore aggiunto.
La norma prevede che la definizione avvenga mediante la presentazione di una dichiarazione integrativa entro il 31 maggio 2019. La definizione deve riguardare tutti i rilievi esposti e comporta l’autoliquidazione in base a dichiarazione dei redditi con il pagamento integrale delle imposte, senza sanzioni e interessi. Il citato provvedimento numero 17776 ha confermato che si può definire un singolo periodo di imposta. Per i periodi di imposta non definiti con l’articolo 1, ci si potrà avvalere del ravvedimento operoso.
Le dichiarazioni integrative (possibili anche in caso di dichiarazioni originarie omesse lo dice la relazione illustrativa) devono riguardare violazioni relative a periodi di imposta per i quali sono ancora aperti i termini per l’accertamento.
Il versamento delle imposte può essere fatto in un’unica soluzione o in 20 rate trimestrali e non possono essere compensate con eventuali crediti di imposta. Istituiti i codici tributo con la Risoluzione 8/E del 23 gennaio 2019 a cui si rimanda.
Si applica l’articolo 15 ter del DPR 602/73, introdotto dal decreto legislativo 159/2015, che prevede che l’insufficiente versamento della rata (successiva alla prima), per una frazione non superiore al 3% del dovuto ovvero a 10.000 euro, non comporta la decadenza dai benefici previsti dalle norme, come non comporta decadenza dai benefici il pagamento delle rate oltre la prima purché pagate entro la scadenza della rata successiva.
Non sanabile il mancato pagamento dell’unica rata o prima rata e in tal senso non si producono gli effetti di definizione del PVC (non sanabile anche l’omessa presentazione della dichiarazione integrativa).
La norma prevede che se PVC ha riguardato soggetti in regime di trasparenza, la dichiarazione integrativa possa riguardare anche i soci trasparenti pro quota sui maggiori imponibili. Anche i soci si metteranno in regola pagando solo l’imposta, senza sanzioni e interessi.
La norma prevede (nell’art. 9 sulle irregolarità formali) che, in deroga allo statuto dei contribuenti l. 212/2000, i termini per l’accertamento dei periodi di imposta fino al dic. 2015 (compreso il 2015) relativi ai pvc notificati al 24/10/18 sono prorogati di due anni. La proroga vale per tutti i pvc notificati anche se non sono definiti ai sensi dell’articolo 1.
Il comma 7 del decreto fa un richiamo al comma 3 dell’articolo 8 del D.lgs 218/1997 che recita: entro dieci giorni dal versamento dell'intero importo o di quello della prima rata il contribuente fa pervenire all'ufficio la quietanza dell'avvenuto pagamento. L'ufficio rilascia al contribuente copia dell'atto di accertamento con adesione.
Sarà quindi necessario produrre la quietanza del pagamento all’ufficio che ha emesso il PVC.
Studio ASSE - Commercialisti e Avvocati in Roma, Bologna e Milano. Dott. Arturo Gulinelli - Dott. Salvatore Magistri - Avv. Piero Cesarei - Avv. Matteo Pellegrini - Avv. Giampiero Agnese - Avv. Nicoletta Grassi - Sede di Roma, Via Scipioni 132 - 00192 - tel. 063700388 r.a. - sede di Bologna via L.C. FARINI 40124 Tel: 051/332017 - sede di Milano Piazza Velasca 8 - 20122 - Tel: 02/76004104 -
venerdì 25 gennaio 2019
giovedì 24 gennaio 2019
Il nuovo codice della crisi di impresa e di insolvenza: i punti principali della riforma.
Il presente contributo è volto ad enucleare brevemente gli aspetti principali della riforma “Fallimentare in generale”
Con l’approvazione del D.lgs. di attuazione della L. 155/2017 (di seguito Legge Delega) è stata completata la riforma organica delle procedure concorsuali di cui alla L.F. 267/1942, nonché della disciplina della composizione della crisi da sovraindebitamento; che entrerà in vigore dopo 18 mesi (1) dalla data di pubblicazione dello stesso in GU.
Obiettivo principale della riforma è quello di prevenire situazioni “irreversibili” per la vita dell’impresa, come appunto è il Fallimento, nell’ottica del principio della continuità aziendale, al fine di tutelare sia i creditori che i debitori, uniformando la disciplina nazionale a quella europea e prevedendo una serie di semplificazioni in termini di costi, tempi e procedure.
Mettendo a confronto la previgente normativa con quella attuale si evidenziano differenze di non poco conto. Riepiloghiamo, pertanto le novità rilevanti contenute nella sopra citata riforma:
- Vengono introdotte le cd. “Procedure di allerta e di composizione della crisi di natura non giudiziale e confidenziale”(cfr. art. 4 Legge Delega) al fine di prevenire tempestivamente l’emersione della crisi di impresa attraverso una specifica procedura stragiudiziale attivabile presso un organismo denominato OCRI-istituto presso la CCIAA- direttamente dall’impresa, anche su iniziativa di sindaci e revisori (che hanno l’obbligo di comunicare all’organo amministrativo l’esistenza di fondati indizi della CRISI) o d’ufficio da parte del Tribunale su iniziativa di creditori pubblici “qualificati” ovvero Amministrazione Finanziaria, Agente della Riscossione delle imposte e Enti previdenziali ed assistenziali, quando l’esposizione debitoria del soggetto abbia superato determinate soglie. Tale procedura ha una durata di sei mesi decorsi i quali -senza risultato positivo- si apre la procedura liquidatoria. Sono escluse dall’ambito di applicazione della presente disciplina le grandi imprese e quelle quotate;
- Sostituzione del termine Fallimento con la “Liquidazione giudiziale dei beni” (cfr. art. 2 Legge Delega). Nell’ottica della riforma la suddetta liquidazione viene contemplata come soluzione ultima ed estrema. In particolare si segnala l’aumento di poteri concessi alla figura del curatore nella gestione dell’impresa insolvente in ordine alla migliore soddisfazione del ceto creditorio tramite la liquidazione del patrimonio aziendale;
- Ampliamento del presupposto soggettivo –di cui all’ art. 1 L.F.- per la dichiarazione di Fallimento. Infatti, secondo quanto previsto dall’art. 2, comma 1 lett. e Legge Delega: “...assoggettare al procedimento di accertamento dello stato di crisi o di insolvenza ogni categoria di debitore...(*)…con esclusione dei soli enti pubblici…(*)…”. Pur rimanendo, altresì, valida la definizione di stato di insolvenza (cfr. art. 5 L.F) come presupposto oggettivo per la dichiarazione di fallimento, viene introdotto il concetto di “Stato di Crisi” che costituisce una situazione di potenziale e futura insolvenza. Lo stato di Crisi viene accertato anche tramite indici o indicatori di tipo economico e finanziario o comunque con analisi prettamente economico-aziendalistica;
- Sostituzione del termine concordato fallimentare con il “Concordato nella liquidazione giudiziale”, e nel caso in cui il debitore voglia proporre domanda di concordato liquidatorio ai propri creditori sarà tenuto a rispettare la condizione di cui al punto 1) del nuovo Concordato preventivo;
- Modifiche all’istituto del Concordato preventivo (cfr. art. 6 Legge Delega) con l’intento di limitare l’utilizzo di proposte di natura liquidatoria esclusivamente quando ricorrano contemporaneamente le seguenti condizioni: 1) Apporto di risorse esterne che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori; 2) Sia assicurato -in ogni caso- il pagamento di almeno il 20 % dell'ammontare complessivo dei crediti chirografari;
- Incentivare l’accesso ai “Piani attestati di risanamento e accordi di ristrutturazione” (cfr. art. 5 Legge Delega). Prevedendo, per i primi forma scritta, data certa e contenuti analitici; per i secondi-in determinati casi-una percentuale di crediti inferiore o nulla al 60% attualmente previsto; con l’estensione dell’applicazione della disciplina anche a creditori diversi dagli enti finanziari;
- Eliminazione dell’ipotesi di Fallimento d’ufficio prevista dall’art. 3 comma 1, D.lgs. 270/1999;
- Introduzione in ambito concorsuale del concetto di “Gruppo di Imprese” (cfr. art. 3 Legge Delega) con esplicito riferimento alla definizione data agli art. 2497 e s.s., art. 2545-septies e 2359 c.c.;
- Istituzione presso il Ministero della Giustizia di un apposito “Albo” di soggetti- in possesso di requisiti di professionalità, esperienza e indipendenza- per la gestione di tali procedure. A tale Albo possono iscriversi oltre a Avvocati, Commercialisti anche i Consulenti del lavoro;
- Applicazione del processo civile telematico alle procedure concorsuali;
- Vengono, infine, armonizzate le procedure di gestione della crisi e dell’insolvenza del datore di lavoro con forme di tutela dell’occupazione e del reddito di lavoratori.
Per completezza si precisa che non sono state oggetto di trattazione del presente articolo le novità introdotte con Legge Delega relative alle procedure c.d. paraconcorsuali disciplinate dalla legge 3/2012.
(1) Riguardo all’entrata in vigore come disposto dall’art. 389 della Legge Delega gli articoli 27, comma 1, e 350, 356, 357, 359, 363, 364, 366, 375, 377, 378, 379, 385, 386, 387 e 388 entrano in vigore il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del presente decreto. Si rimanda per la trattazione specifica dell’entrata in vigore e dei relativi effetti degli stessi al successivo articolo di prossima pubblicazione.
Con l’approvazione del D.lgs. di attuazione della L. 155/2017 (di seguito Legge Delega) è stata completata la riforma organica delle procedure concorsuali di cui alla L.F. 267/1942, nonché della disciplina della composizione della crisi da sovraindebitamento; che entrerà in vigore dopo 18 mesi (1) dalla data di pubblicazione dello stesso in GU.
Obiettivo principale della riforma è quello di prevenire situazioni “irreversibili” per la vita dell’impresa, come appunto è il Fallimento, nell’ottica del principio della continuità aziendale, al fine di tutelare sia i creditori che i debitori, uniformando la disciplina nazionale a quella europea e prevedendo una serie di semplificazioni in termini di costi, tempi e procedure.
Mettendo a confronto la previgente normativa con quella attuale si evidenziano differenze di non poco conto. Riepiloghiamo, pertanto le novità rilevanti contenute nella sopra citata riforma:
- Vengono introdotte le cd. “Procedure di allerta e di composizione della crisi di natura non giudiziale e confidenziale”(cfr. art. 4 Legge Delega) al fine di prevenire tempestivamente l’emersione della crisi di impresa attraverso una specifica procedura stragiudiziale attivabile presso un organismo denominato OCRI-istituto presso la CCIAA- direttamente dall’impresa, anche su iniziativa di sindaci e revisori (che hanno l’obbligo di comunicare all’organo amministrativo l’esistenza di fondati indizi della CRISI) o d’ufficio da parte del Tribunale su iniziativa di creditori pubblici “qualificati” ovvero Amministrazione Finanziaria, Agente della Riscossione delle imposte e Enti previdenziali ed assistenziali, quando l’esposizione debitoria del soggetto abbia superato determinate soglie. Tale procedura ha una durata di sei mesi decorsi i quali -senza risultato positivo- si apre la procedura liquidatoria. Sono escluse dall’ambito di applicazione della presente disciplina le grandi imprese e quelle quotate;
- Sostituzione del termine Fallimento con la “Liquidazione giudiziale dei beni” (cfr. art. 2 Legge Delega). Nell’ottica della riforma la suddetta liquidazione viene contemplata come soluzione ultima ed estrema. In particolare si segnala l’aumento di poteri concessi alla figura del curatore nella gestione dell’impresa insolvente in ordine alla migliore soddisfazione del ceto creditorio tramite la liquidazione del patrimonio aziendale;
- Ampliamento del presupposto soggettivo –di cui all’ art. 1 L.F.- per la dichiarazione di Fallimento. Infatti, secondo quanto previsto dall’art. 2, comma 1 lett. e Legge Delega: “...assoggettare al procedimento di accertamento dello stato di crisi o di insolvenza ogni categoria di debitore...(*)…con esclusione dei soli enti pubblici…(*)…”. Pur rimanendo, altresì, valida la definizione di stato di insolvenza (cfr. art. 5 L.F) come presupposto oggettivo per la dichiarazione di fallimento, viene introdotto il concetto di “Stato di Crisi” che costituisce una situazione di potenziale e futura insolvenza. Lo stato di Crisi viene accertato anche tramite indici o indicatori di tipo economico e finanziario o comunque con analisi prettamente economico-aziendalistica;
- Sostituzione del termine concordato fallimentare con il “Concordato nella liquidazione giudiziale”, e nel caso in cui il debitore voglia proporre domanda di concordato liquidatorio ai propri creditori sarà tenuto a rispettare la condizione di cui al punto 1) del nuovo Concordato preventivo;
- Modifiche all’istituto del Concordato preventivo (cfr. art. 6 Legge Delega) con l’intento di limitare l’utilizzo di proposte di natura liquidatoria esclusivamente quando ricorrano contemporaneamente le seguenti condizioni: 1) Apporto di risorse esterne che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori; 2) Sia assicurato -in ogni caso- il pagamento di almeno il 20 % dell'ammontare complessivo dei crediti chirografari;
- Incentivare l’accesso ai “Piani attestati di risanamento e accordi di ristrutturazione” (cfr. art. 5 Legge Delega). Prevedendo, per i primi forma scritta, data certa e contenuti analitici; per i secondi-in determinati casi-una percentuale di crediti inferiore o nulla al 60% attualmente previsto; con l’estensione dell’applicazione della disciplina anche a creditori diversi dagli enti finanziari;
- Eliminazione dell’ipotesi di Fallimento d’ufficio prevista dall’art. 3 comma 1, D.lgs. 270/1999;
- Introduzione in ambito concorsuale del concetto di “Gruppo di Imprese” (cfr. art. 3 Legge Delega) con esplicito riferimento alla definizione data agli art. 2497 e s.s., art. 2545-septies e 2359 c.c.;
- Istituzione presso il Ministero della Giustizia di un apposito “Albo” di soggetti- in possesso di requisiti di professionalità, esperienza e indipendenza- per la gestione di tali procedure. A tale Albo possono iscriversi oltre a Avvocati, Commercialisti anche i Consulenti del lavoro;
- Applicazione del processo civile telematico alle procedure concorsuali;
- Vengono, infine, armonizzate le procedure di gestione della crisi e dell’insolvenza del datore di lavoro con forme di tutela dell’occupazione e del reddito di lavoratori.
Per completezza si precisa che non sono state oggetto di trattazione del presente articolo le novità introdotte con Legge Delega relative alle procedure c.d. paraconcorsuali disciplinate dalla legge 3/2012.
(1) Riguardo all’entrata in vigore come disposto dall’art. 389 della Legge Delega gli articoli 27, comma 1, e 350, 356, 357, 359, 363, 364, 366, 375, 377, 378, 379, 385, 386, 387 e 388 entrano in vigore il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del presente decreto. Si rimanda per la trattazione specifica dell’entrata in vigore e dei relativi effetti degli stessi al successivo articolo di prossima pubblicazione.
martedì 15 gennaio 2019
L’imposta di donazione nel patto di Famiglia
Il patto di famiglia è un istituto giuridico introdotto in Italia con la legge n. 55/2006, il quale disciplina il trasferimento dell’azienda o di una o più quote societarie dall’imprenditore, ai suoi discendenti. Il fine di tale istituto è quello di garantire la continuità aziendale nel momento critico del passaggio generazionale, impedendo l’insorgere di problematiche in sede di eredità che potrebbero compromettere l’azienda e il suo assetto gestionale/amministrativo.
Il patto di famiglia è quindi un contratto (“trattasi di un atto inter vivos, con effetti traslativi immediati dell'azienda, la cui particolare disciplina si discosta vistosamente dalle regole generali successorie”) da stipularsi nella forma di atto pubblico, pena la nullità.
La disciplina del patto di famiglia prevede che i beneficiari o assegnatari dell’azienda o di una quota del capitale societario liquidino agli altri partecipanti non assegnatari una somma in denaro corrispondente alla quota in denaro o in natura che gli sarebbe spettato in caso di apertura di successione dell’imprenditore.
Per quanto attiene gli aspetti fiscali si applica la disciplina delle donazioni e successioni a coloro che hanno partecipato alla stipulazione del contratto istitutivo del patto ma non siano assegnatari. In tal caso, la disciplina distingue a seconda che si tratti:
- di liquidazione della quota in denaro o in natura;
- di mera corresponsione di denaro;
- di rinuncia alla liquidazione della quota.
La Cassazione con ordinanza n.32823 del 19.12.218 ha stabilito che l’attribuzione che il figlio beneficiario effettua a favore dei fratelli, o altri soggetti non assegnatari, deve essere considerata come donazione e pertanto deve essere applicata sulla stessa l’aliquota del 6% per un valore che superi i 100.000 euro.
Nel caso sottoposto alla Corte la somma corrisposta era stata tassata al 4%,
(per giunta con limite di un milione); ovvero come una donazione tra padre o madre e figlio anche se indiretta.
I Giudici non hanno condiviso e hanno pertanto convenuto che la somma corrisposta venisse intesa come una vera e propria donazione tra fratelli (e non tra genitore e figlio), quindi tassata al 6%.
Il punto critico dell’interpretazione della decisione della Suprema Corte è che la donazione è soggetta ad un’aliquota di tassazione e ad una franchigia più alte perché sono disposizioni unilaterali e soprattutto che tendono ad arricchire il donatario.
Nel patto di famiglia le somme attribuite, che nel caso di specie riguardavano dei fratelli, comportano intanto una rinuncia (quindi un obbligo di non fare) alle azioni di riduzione verso il beneficiario determinando, quindi, un arricchimento al quale fa da contraltare la rinuncia ad un bene (l’azienda che entra nel patto di famiglia).
Il patto di famiglia è quindi un contratto (“trattasi di un atto inter vivos, con effetti traslativi immediati dell'azienda, la cui particolare disciplina si discosta vistosamente dalle regole generali successorie”) da stipularsi nella forma di atto pubblico, pena la nullità.
La disciplina del patto di famiglia prevede che i beneficiari o assegnatari dell’azienda o di una quota del capitale societario liquidino agli altri partecipanti non assegnatari una somma in denaro corrispondente alla quota in denaro o in natura che gli sarebbe spettato in caso di apertura di successione dell’imprenditore.
Per quanto attiene gli aspetti fiscali si applica la disciplina delle donazioni e successioni a coloro che hanno partecipato alla stipulazione del contratto istitutivo del patto ma non siano assegnatari. In tal caso, la disciplina distingue a seconda che si tratti:
- di liquidazione della quota in denaro o in natura;
- di mera corresponsione di denaro;
- di rinuncia alla liquidazione della quota.
La Cassazione con ordinanza n.32823 del 19.12.218 ha stabilito che l’attribuzione che il figlio beneficiario effettua a favore dei fratelli, o altri soggetti non assegnatari, deve essere considerata come donazione e pertanto deve essere applicata sulla stessa l’aliquota del 6% per un valore che superi i 100.000 euro.
Nel caso sottoposto alla Corte la somma corrisposta era stata tassata al 4%,
(per giunta con limite di un milione); ovvero come una donazione tra padre o madre e figlio anche se indiretta.
I Giudici non hanno condiviso e hanno pertanto convenuto che la somma corrisposta venisse intesa come una vera e propria donazione tra fratelli (e non tra genitore e figlio), quindi tassata al 6%.
Il punto critico dell’interpretazione della decisione della Suprema Corte è che la donazione è soggetta ad un’aliquota di tassazione e ad una franchigia più alte perché sono disposizioni unilaterali e soprattutto che tendono ad arricchire il donatario.
Nel patto di famiglia le somme attribuite, che nel caso di specie riguardavano dei fratelli, comportano intanto una rinuncia (quindi un obbligo di non fare) alle azioni di riduzione verso il beneficiario determinando, quindi, un arricchimento al quale fa da contraltare la rinuncia ad un bene (l’azienda che entra nel patto di famiglia).
lunedì 7 gennaio 2019
Prorogata la rivalutazione delle quote di partecipazione in società
La legge 145 del 30 dicembre 2018 pubblicata in GU numero 302 del 31/12/2018 stabilisce la proroga della possibilità di poter rivalutare le partecipazioni (ovviamente quelle relative a società con titoli non quotati nei mercati).
Come sempre siamo di fronte ad una norma che agevola le quote possedute da persone fisiche al 1.1.2019 e deve riguardare operazioni che non sono detenute in regime di impresa. L’agevolazione è concessa, con lo stesso limite dell’estraneità all’attività imprenditoriale, alle società semplici, alle società e agli enti equiparati di cui all’articolo 5 del T.U.I.R., agli enti non commerciali e ai soggetti non residenti che non hanno una stabile organizzazione nel territorio dello Stato. Ricordiamo che l’ Agenzia delle Entrate con la circolare 28/E del 27/3/2008, aveva precisato che possono formare oggetto di rivalutazione del costo le partecipazioni che risultano intestate a società fiduciarie, con la limitazione che il fiduciante sia un soggetto agevolabile.
La rivalutazione ha come fine di la tassazione Irpef e risulta conveniente a coloro che hanno idea di cedere in futuro partecipazioni che incorporano plusvalenze latenti.
Con la legge di bilancio 2019 il legislatore, tuttavia, ha reso più onerosa la procedura, prevedendo l’incremento dell’imposta sostitutiva dovuta.
Ricordiamo che lo scorso anno l’imposta sostitutiva che doveva essere applicata agli importi emergenti dalla perizia era stabilita nella misura dell’8% e ciò indipendentemente dal tipo di di partecipazioni posseduta, quindi tanto che si trattasse di quote qualificate o non qualificate.
La legge 145/2018 ha determinato le aliquote nel seguente modo:
- 10% per le partecipazioni non qualificate;
- 11% per le partecipazioni qualificate..
Il temine per effettuare il versamento dell’imposta è fissato per il 1/7/2019 (il 30/6/2019 è domenica), entro la stessa data del primo luglio dovrà essere redatta e giurata la perizia di stima.
Il pagamento può, come per glia anni passati, essere eseguito in un’unica rata o in tre rate di uguale importo. Condizione per il perfezionamento dell’agevolazione è quello di pagare la prima o unica rata nel termine previsto. Sul pagamento delle ulteriori due rate saranno dovuti gli interessi del 3% annuo.
Il tardivo pagamento della prima o unica rata comporta la decadenza dai benefici di legge e il contribuente dovrà chiedere il rimborso delle somme pagate.
L’omesso versamento della seconda e della terza rata non comporterà particolari effetti salvo che le somme non pagate saranno iscritte a ruolo. E’ possibile ravvedere il pagamento delle somme non versate e relative alle rate successive alla prima.
Per il pagamento si dovrà utilizzare il modello F24, l’anno da indicare è quello del 2019 e gli interessi, per le rate successive, si sommeranno all’importo dell’imposta sostitutiva.
Vale anche per quest’anno la possibilità di poter compensare in modo orizzontale le somme dovute a titolo di imposta sostitutiva con eventuali crediti fiscali eventualmente vantati dal contribuente.
La rivalutazione può essere effettuata anche da coloro che hanno già rideterminato in passato il valore della loro partecipazione e che nel frattempo ha subito ulteriori incrementi di valore.
Sarà, in questo caso, possibile detrarre dall’imposta dovuta il 1 luglio quanto pagato in passato sulle precedenti rivoluzioni.
Prevista dalla legge in commento anche la rivalutazione dei terreni anche in questo caso con l’aliquota aumentata al 10%.
Come sempre siamo di fronte ad una norma che agevola le quote possedute da persone fisiche al 1.1.2019 e deve riguardare operazioni che non sono detenute in regime di impresa. L’agevolazione è concessa, con lo stesso limite dell’estraneità all’attività imprenditoriale, alle società semplici, alle società e agli enti equiparati di cui all’articolo 5 del T.U.I.R., agli enti non commerciali e ai soggetti non residenti che non hanno una stabile organizzazione nel territorio dello Stato. Ricordiamo che l’ Agenzia delle Entrate con la circolare 28/E del 27/3/2008, aveva precisato che possono formare oggetto di rivalutazione del costo le partecipazioni che risultano intestate a società fiduciarie, con la limitazione che il fiduciante sia un soggetto agevolabile.
La rivalutazione ha come fine di la tassazione Irpef e risulta conveniente a coloro che hanno idea di cedere in futuro partecipazioni che incorporano plusvalenze latenti.
Con la legge di bilancio 2019 il legislatore, tuttavia, ha reso più onerosa la procedura, prevedendo l’incremento dell’imposta sostitutiva dovuta.
Ricordiamo che lo scorso anno l’imposta sostitutiva che doveva essere applicata agli importi emergenti dalla perizia era stabilita nella misura dell’8% e ciò indipendentemente dal tipo di di partecipazioni posseduta, quindi tanto che si trattasse di quote qualificate o non qualificate.
La legge 145/2018 ha determinato le aliquote nel seguente modo:
- 10% per le partecipazioni non qualificate;
- 11% per le partecipazioni qualificate..
Il temine per effettuare il versamento dell’imposta è fissato per il 1/7/2019 (il 30/6/2019 è domenica), entro la stessa data del primo luglio dovrà essere redatta e giurata la perizia di stima.
Il pagamento può, come per glia anni passati, essere eseguito in un’unica rata o in tre rate di uguale importo. Condizione per il perfezionamento dell’agevolazione è quello di pagare la prima o unica rata nel termine previsto. Sul pagamento delle ulteriori due rate saranno dovuti gli interessi del 3% annuo.
Il tardivo pagamento della prima o unica rata comporta la decadenza dai benefici di legge e il contribuente dovrà chiedere il rimborso delle somme pagate.
L’omesso versamento della seconda e della terza rata non comporterà particolari effetti salvo che le somme non pagate saranno iscritte a ruolo. E’ possibile ravvedere il pagamento delle somme non versate e relative alle rate successive alla prima.
Per il pagamento si dovrà utilizzare il modello F24, l’anno da indicare è quello del 2019 e gli interessi, per le rate successive, si sommeranno all’importo dell’imposta sostitutiva.
Vale anche per quest’anno la possibilità di poter compensare in modo orizzontale le somme dovute a titolo di imposta sostitutiva con eventuali crediti fiscali eventualmente vantati dal contribuente.
La rivalutazione può essere effettuata anche da coloro che hanno già rideterminato in passato il valore della loro partecipazione e che nel frattempo ha subito ulteriori incrementi di valore.
Sarà, in questo caso, possibile detrarre dall’imposta dovuta il 1 luglio quanto pagato in passato sulle precedenti rivoluzioni.
Prevista dalla legge in commento anche la rivalutazione dei terreni anche in questo caso con l’aliquota aumentata al 10%.
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