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venerdì 29 luglio 2016
Aumento di capitale nelle s.r.l. di Giulia Maria Rijillo
Cosi come nelle s.p.a., due sono le forme di aumento di capitale previste dalla legge: quello a pagamento e quello nominale tramite imputazione di riserve a capitale. Quest’ultimo è disciplinato in modo sostanzialmente identico alle s.p.a.. Più articolata e, in taluni punti diversa da quella delle s.p.a., è la disciplina dell’aumento di capitale a pagamento. L’articolo 2481-bis, comma 1, del Codice Civile dispone che in caso di decisione di aumento del capitale sociale mediante nuovi conferimenti, spetta ai soci il diritto di sottoscriverlo in proporzione delle partecipazioni da essi possedute. L’atto costitutivo può prevedere che l’aumento di capitale possa essere attuato anche mediante offerta di quote di nuova emissione a terzi; in tal caso spetta ai soci che non hanno consentito alla decisione il diritto di recesso a norma dell’art. 2473. Il diritto così spettante a ciascun socio - che può denominarsi "diritto di opzione" avendo la medesima natura del corrispondente diritto spettante a tutte le azioni nelle s.p.a. - non può essere escluso o limitato dalla maggioranza dell'assemblea. A differenza di quanto previsto nelle s.p.a., non sussistono ragioni, ipotesi o esigenze della società che consentano alla maggioranza, in mancanza di diversa disposizione statutaria, di sacrificare il diritto di opzione spettante ai soci. La maggioranza, in altre parole, non può disporre in alcuna circostanza del diritto di opzione spettante ai singoli soci, nemmeno se ciò risultasse più vantaggioso nell'interesse della società. Una deliberazione di aumento di capitale che escludesse o limitasse il diritto di opzione, sempre secondo il regime legale, sarebbe invalida e impugnabile, in quanto presa "non in conformità della legge". Da questo punto di vista, si può dire che la disciplina dettata in tema di s.r.l. è più rigida di quella delle società azionarie, nelle quali la maggioranza dei soci può escludere o limitare il diritto di opzione in determinate ipotesi di aumento di capitale (con conferimenti in natura o con offerta ai dipendenti) oppure qualora lo esiga l'interesse della società, a fronte di alcune tutele di carattere informativo e di mantenimento del valore delle partecipazioni già emesse. Pertanto, l’aumento a pagamento del capitale sociale può essere destinato alla sottoscrizione di terzi non soci solo nel caso in cui vi sia un’apposita clausola all’interno dello statuto sociale oppure se la decisione viene presa, all’interno dell’assemblea, all’unanimità dei soci. Secondo la massima n. 156, recentemente elaborata dal Consiglio notarile di Milano, qualsiasi tipologia di aumento del capitale sociale con esclusione o limitazione del diritto di sottoscrizione dei soci è dunque soggetta a questa regolamentazione. La massima in questione inoltre afferma che la clausola prevista dall’art. 2481-bis, circa l’esecuzione dell’aumento con modalità diverse da quella della sua offerta in sottoscrizione a ciascun socio, in ragione della rispettiva quota di partecipazione al capitale sociale può attribuire il potere di escludere o limitare il diritto di opzione alla maggioranza dei soci in via discrezionale, senza la necessaria verifica di un’oggettiva esigenza della società e senza l’obbligo di determinare e giustificare un sovrapprezzo per l’emissione delle partecipazioni di nuova emissione; può circoscrivere tale potere ad alcuni casi particolari e può altresì prevedere tutele ulteriori a favore dei soci di minoranza, anche mediante rinvio alla disciplina dettata in tema di Spa.
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